Lo spirito d'avventura è naturale per l'adolescente e favorisce l'apprendimento dell'autonomia e della libertà che gli permetteranno di lasciare, a suo tempo poi, il nido familiare. Proprio in tale aspetto evolutivo, però, si insidia la vulnerabilità alle sostanze stupefacenti. Un tempo bere una bevanda alcolica era considerato un rito di passaggio verso l'età adulta e fumare una sigaretta una trasgressione, mentre le altre sostanze illegali rientravano nel territorio dell'eccezionale. Oggi la legalità non costituisce più di fatto un' autorità: fumare cannabis ormai rientra nei gesti di socializzazione di una buona parte di gruppi adolescenziali. Il rituale di sperimentazione non coincide affatto col rituale di consumo/abuso, ma certe sostanze condannano alla dipendenza e lasciano segni indelebili nella psiche o sulla stabilità dell'umore. Qualsiasi forma di consumo ripetuto è al tempo stesso più infausta e più compromettente nell'adolescente che nell'adulto, qualche che sia la natura della sostanza. Infatti, in adolescenza il cervello è più malleabile e può verificarsi una modificazione duratura delle sinapsi, meccanismo comunicativo che permette ai neuroni dopaminergici all'interno del nostro cervello di comunicare. Di conseguenza la soglia del piacere percepita, del dolore o dello stato di normalità rischia di essere alzata. Inoltre, le numerose ricerche cliniche ed epidemiologiche sui rischi di dipendenza mostrano che essi vengono moltiplicati dalla precocità del consumo e che le difficoltà di disintossicazione aumentano esponenzialmente. Per di più a lungo andare, l'adattamento dei neuroni dopaminergici a funzionare in overdose può perturbare gli altri piaceri, o addirittura allontanarcene. Ecco il tipo di segnale che deve mettere in allerta i genitori.
Le sostanze stupefacenti ci fanno credere di andare verso l'altro: l'alcol disinibisce in discoteca, la cannabis culla nell'illusione della felicità, l'ecstasy crea la falsa idea di avere di botto un sacco di amici. Così le droghe modificano la percezione del legame con l'altro, per esempio la comunicazione facilitata e il senso di onnipotenza procurati dalla cocaina, come la sensazione di pienezza e soddisfazione solitaria data dall'eroina. Il pericolo è che questo tipo di "facilitazioni" vengano ricercate di nuovo, passando così dall'uso nocivo all'abuso e quindi alla dipendenza. Altro pericolo: le droghe prendono lentamente ma inesorabilmente il posto dei rapporti con gli altri, trascinando l'individuo nella spirale dell'isolamento.
Oltre a ciò si aggiungono due motivazioni al consumo di sostanze stupefacenti: la ricerca di sensazioni e il bisogno di essere tranquillizzati. Due bisogni vividi in adolescenza.
Il rapporto con lo stupefacente ci suggerisce una similitudine con la relazione amorosa, ma lo stupefacente garantisce all'adolescenza la dimensione del piacere senza quella della mancanza.
Amare i nostri figli ed insegnar loro ad amare ed essere amati può dunque garantire un potente antidoto contro l'assunzione di sostanze stupefacenti. Amare, però, significa anche saper tollerare, saper attendere ed ha sempre un costo. Aiutiamo le giovani generazioni a comprenderne il valore, perché la fatica sarà ben remunerata, mentre l'illusione comporterà sempre un dolore e una distruzione più ampi di quelli generati dalla verità.