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NO AL FIGLIO PERFETTO, SÌ AL FIGLIO MIGLIORE.

Questa settimana vi scrivo direttamente le parole di un collega che stimo: lo psicologo e psicoterapeuta Osvaldo Poli. Pensiero che non poteva, a mio avviso, essere espresso con parole più chiare, precise ed efficaci, per cui non aggiungo e non tolgo nulla. Mi limito a dirvi da dove sono tratte: un libro da lui scritto dal titolo "Cuore di papà - il modo maschile di educare".

In realtà amare il figlio significa anche amarlo per come potrebbe diventare, non solo per come oggi è. Per le potenzialità realizzative interne che gli sono proprie, e per come si intuisce che potrebbe essere se liberamente vi accondiscendesse, accettando le rinunce che lo rendono possibile. Non è misura dell'amore trovare meraviglioso il figlio, ma aiutarlo a rendersi conto dei suoi limiti, dandogli coraggio e motivazioni per superarli. Tale tensione al cambiamento che il genitore istituisce nel rapporto col figlio non è finalizzata (se non indirettamente) alla propria soddisfazione personale, quanto ad aiutarlo a realizzarsi autenticamente, ad avere rapporti migliori, a non sprecare energie e risorse in esperienze che lo impoveriscono invece che arricchirlo, a non ricercare la sua felicità dove non la può trovare. Il genitore non lotta contro il figlio, ma contrasta in modo sostanzialmente disinteressato gli aspetti inconsistenti del suo carattere della sua mentalità che lo mantengono al di sotto delle sue potenzialità realizzative. Ogni amante valoroso non lotta contro la bella fanciulla prigioniera nella cella più alta della torre, ma contro il drago che la tiene prigioniera. Così la bella persona che il figlio può diventare (simboleggiata dalla fanciulla) può essere liberata superando gli ostacoli (i difetti del carattere) che le impediscono di dispiegarsi. Tale concezione dell'amore è evolutiva, mette in movimento i dinamismi psichici del figlio, fa evolvere la sua personalità e crea un rapporto più vitale. L'affermazione del figlio: "Sono così e basta, non posso farci niente", non dice la verità sull'amore, quanto la sua difficoltà a lasciarsi amare. Una difficoltà profonda presente oscuramente in tutti, da sempre. Solo una forte convinzione personale dà al genitore la forza di chiedere al figlio delle rinunce "intelligenti" (rinuncia alle condotte ispirate, ad esempio, alla comodità del momento, al tentativo di portare il genitore all'esasperazione, a persistere nell'atteggiamento di farsi ripetere mille volte le stesse cose) e lo legittima nel suo tentativo di aiutarlo a diventare una persona migliore.]

"Piangevi, ragazzo Senza protesta. Io avrei voluto cancellare tutto la punizione, la rabbia la sofferenza.

Ho stretto i denti: Devi attraversare questo momento, sarai più giusto, un giorno. Ma ho pianto io dentro di me. Questo è il mio regalo migliore".

Alma Gorgaini, poesia inedita

Elfedea

Èquipe Clinica Multiprofessionale

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